Adolfo Cozza, nato il 15 maggio 1878 a Figino Serenza, 30 anni

Allegato n.36

VERBALE DI INTERROGATORIO

L’anno 1918 il giorno 13 del mese di Giugno in Castellazzo di Bollate; ore 9;

Davanti a noi, addeti all’ufficio del Generale Ispettore del Comando del Corpo d’Armata di Milano, ad appié del presente atto sottoscritti si é proceduto all’interrogatorio del caporale Cozza Adolfo fu Giuseppe, nato a Figino Serenza il 16 maggio 1876, appartenente al 47° Batt. M. T. comandato quale operaio nello stabilimento Sutter;

Diffidato il predetto di dire tutta la verità e nulla altro che la verità e di mantenere il segreto sulla sua deposizione, viene raccolto a verbale la seguente dichiarazione:

Comandato dal 25 gennaio allo stabilimento fui adibito prima al reparto “Echo” per la prova collaudo dello polveri; poi al reparto bombette dove mi trovavo prima dello scoppio, mio compito era quello di controllare la lavorazione nelle singole capanne, per quanto concerneva le tecnica dell’esecuzione.

La lavorazione procedeva nel seguente modo:

  1. Nel capannone A) di prima fila erano depositate le spolette Clergon complete come arrivano dalle fabbriche fornitrici.

  2. Nel capannone B) calibro spoletta nella scatola di latta.

  3. Nel capannone C) caricamento delle bombette colla polvere e nitrato d’ammonio.

  4. Dal precedente capannone, a mezzo di tramoggia inclinata il materiale passava dal capannone d) dove turato il foro dove si applica la testa con un tappo di legno, venivano completamente pulite all’esterno, rimanendo così pronte per l’innesco. Il materiale passava poi ai tre capannini, provi a formazione dell’imposta del tubetto d’innesco nella polvere eseguito da ragazzine nell’estero.

  5. Nei capannini b) m) ed n) si mettevano i detonatori negli inneschi delle teste verniciando le viti in modo da rendere impermeabile la custodia del detonatore stesso (innesco).-

  6. Nei capannini e) f) e g) venivano portate le bombette cariche, provenienti dal capannone d) e le teste pronte dai capannini b) m) n). Quivi si avvitavano le teste sulle bombette, rimanendo così pronte per lo sparo (in posizione di sicurezza).

  7. Dai capannini passava al capannone h) che è quanto in cui avviene l’esplosione.

Qui numerose ragazze, mettevano le bombette in sacchetti di carta ed altre ne legavano l’apertura superiore con una funicella, riponendo sempre ciascuna bombetta nel suo stallo nella cassa. Questa poi veniva portata nel corridoio attiguo alla paraffina. Questa giungeva in due bidoni già riscaldata a mezzo carelli Lecauville. Altre ragazze togliendo le bombette dalla cassa a mezzo della funicella di legatura venivano immesse nella paraffina, poi, subito tolte e lasciate scolare ed essicare. Dopo di che, rimesse le bombette nelle casse, venivano riportate nel capannone sul tavolo della chiodatura, dove, serrate le casse con chiodi a martello venivano timbrate ad elencate. Il numero del lotto in corso portava il N° 13. Finita quest’operazione le casse venivano accostate sul lato verso le mensa, pronte per essere portate fuori per la spedizione.

Quel giorno del disastro, nella località del capannone detta pocanzi, poteva esservi accatastato un lotto O.P.I cioé 400 casse al lato opposto al tavolo dove lavoravano le ragazze o precisamente verso i magazzeni, sul lato lungo del capannone verso i capannini; nella parte opposta, sempre contro il lato lungo, ma verso la mensa era deposto il lotto in corso P.O., circa 200 casse.

Pochi minuti prima dello scoppio mi trovavo nel capannone. Ne uscii per recarmi ai capannini a sorvegliare quella lavorazione. Ero nel capannone c) quando avvenne lo scoppio Ho udita l’esplosione nettamente; questa fu unica, rombante e breve.

La sorveglianza del reparto durante l’assenza delle operaie era affidata a un certo “Giovanni” il quale si poneva il cavalletto d’ingresso al magazzeno, e là anche faceva la sua colazione, non permettendo l’ingresso a chicchessia però non faceva il giro di ispezione per assicurarsi che nessuno fosse nel reparto.

Le bombette in lavorazione erano quelle fornite dalle Rubinetterie Riunite e cioé quelle colla sicurezza data dal solo tegolo.

Interrogato sulle cause che secondo lui, possono avere provocato lo scoppio, risponde: Parecchie volte ho visto cadere delle bombette e non sono mai esplose; vidi infine al carico delle casse usare poco riguardo nel deporre le casse nei vagoni, senza che avvenissero inconvenienti.

A domanda risponde: Mi meraviglia la forma del cratere che ha la massima profondità nella località posta press’a poco sotto al tavolo dove lavoravano le ragazze e dove esisteva un minimo numero di bombette in corso di lavorazione, mentre a mio modo di vedere e per la pratica che ho per le prove fatte al campo, la massima profondità dell’imbuto si riscontra precisamente sotto la maggior massa di esplodente. Nel caso attuale il deposito delle O.P.I. E delle P.O. Erano ben lontane dalla località dove esiste il cratere, nella sua profondità massima.-

Richiesto se le famiglie degli Ingegneri che abitano allo stabilimento fossero in casa al momento dello scoppio dice di avere saputo che la moglie dell’ing.Uberg era partita per i bagni il giorno prima, mentre la moglie di un altro ingegnere era stata ricoverata, dopo lo scoppio però dal fattore del Conte Sormani Sig. Ferrari.-

A domanda risponde:

Mi sono accorto che per effetto di questo disastro quasi tutte le operaie si rifiutano di ripresentarsi al lavoro per il morale abbattuto, ciò che fa presumere la difficoltà di continuare il lavoro e quindi la precauzione. Aggiungo che occorrerà prima che si possa ricominciare la lavorazione.

Non ho notato nelle fisionomie degli ingegneri direttori rammarico alcuno, né preoccupazione, anzi, i lavori di sgombero procedono abbastanza lentamente.-

Letto, confermato e sottoscritto.

F° Caporale Cozza Adolfo

F° Tenente E. Fiamberti

F° Ten. Colonnello A. Colombo

F° Maggior Generale Lavallea Giuseppe